venerdì 4 febbraio 2011

Romanzi a New York #35: La Fortezza della Solitudine


Leggere questo romanzo è stata un'esperienza determinante.
Trovarci dentro vecchi fumetti della Marvel imbustati come reliquie, tonnellate di titoli di tracce funk e soul e scoprire con soddisfazione che le conoscevo tutte, e ben tre pagine dedicate al brano Rapper's Delight della Sugarhill Gang mi ha reso un lettore soddisfatto.. Terminata la lettura sono andato nella mia personale "bat-caverna" ad ammirare con rinnovata devozione la collezione di comics originali americani incellophanati con cura ed i vecchi LP e 45 giri.
Sono sempre stato convinto che tutto quell'accumulare avesse una sua poetica, un'anima letteraria, ma a volte per avvalorare una propria convinzione c'è bisogno di uno scrittore come Lethem che la confermi.
Uscito dalla bat-caverna rientro nello spirito del blog e passo alla Fortezza della Solitudine (The Fortress of Solitude) che, per chi non lo sapesse, oltre ad essere il titolo del romanzo è il nome del rifugio segreto di Superman.
Il libro, pubblicato la prima volta nel 2003, ci racconta la Brooklyn degli anni '70 attraverso la storia dell'amicizia tra il bianco Dylan Ebdus e il nero Mingus Rude, un'amicizia vissuta tra quattro strade di Brooklyn, un microcosmo in evoluzione razziale, dove "si sussurra che i bianchi stanno tornando".
Dylan, Ebdus e gli altri ragazzi della periferia tra cui il duro Robert Woolfolk, crescono tra giochi di strada, furtarelli, musica, tag e graffiti sui muri, supereroi, bullismo. E la droga, condita di speranze non si sa bene di cosa.
Sognano anch'essi di diventare supereroi e per qualcuno di loro l'occasione si presenterà, grazie a un misterioso anello avuto in eredità da un barbone.
Ma Dean Street, Flatbush Avenue, Nevins Street, Bergen Street, non sono Manhattan con le sue torri e suoi grattacieli, sono quartieri orizzontali, con case basse dove nessun supereroe volante, nemmeno il loro Aeroman, si muove agevolmente: "Dylan è vicino al bordo, al massimo, poi più vicino. Fa scivolare un piede sul cornicione, piega il suo ginocchio come George Washington sulla prua. Riesce a vedere giù in fondo alla fossa di Dean Street, le cime degli alberi appena piantati, le griglie sui tetti degli autobus di passaggio,ma la sensazione è vertiginosa."
Quelle strade, dove si svolge tutta la prima e lunga parte del romanzo, hanno poco o nulla di gradevole: "Brooklyn non sempre si sentiva in grado di sembrare diversa da quella che era, consapevole e ansiosa, puntata verso Manhattan, come in Dean, in Bergen o in Pacific Street. Brooklyn, a volte, poteva anche compiacersi, come in Flatbush Avenue, di essere se stessa, sudicia e persistente."
Eppure la fascinazione di quella periferia, dove si cresce, si soffre e si spera è innegabile per il lettore come per lo scrittore. Quelle strade sono lo scenario della formazione, dell'accettazione sociale, dove non si capisce bene chi ride di chi, chi sfida chi, chi è vittima di chi. La scrittura di Lethem è fervida, tagliente, con dialoghi che incidono e si incidono e non mancano esercizi di stile raffinati come il passaggio dalla narrazione dalla terza alla prima persona dopo la prima parte del romanzo e la stesura delle note di copertina del cofanetto di cd Bothered Blue dell'immaginario gruppo dei Subtle Distinctions.
Le vicende dei due protagonisti e degli altri personaggi come il padre di Mingus, Barrett Rude (è lui l'ex cantante dei citati Subtle Distinctions, ispirato probabilmente a Philippe Wynne degli Spinners) sono seguite passo passo dagli anni '70 ai '90, ci fanno respirare l'aria di un distretto di New York che è linfa letteraria e, a dispetto delle situazioni familiari non certo idilliache, anche sogno nostalgico per una generazione di quaranta-cinquantenni che hanno passato la loro gioventù a leggere con ingordigia i fumetti e le note di copertina dei dischi sino all'ultimo carattere stampato, fosse quello del copyright e dei microscopici crediti tipografici.
Come qualcuno avrà già sospettato, le storie di Dylan, Ebdus e Robert e gli altri avranno destini diversi, non tutti con la stessa fortuna, ma le radici della strada sono difficili da estirpare.
Chiudo con una nota sulla copertina di questa edizione italiana del romanzo.
Credo che sia totalmente sbagliata.
Questa illustrazione del Red Nose Studio, perfetta nell'esprimere angoscia e oppressione, non evoca minimamente i contenuti del libro e non aiuta certo a dare al lavoro di Lethem una maggiore diffusione. Lethem, qui al suo sesto romanzo, resta in Italia un autore per intenditori e un progetto di grafica più accattivante e più in tema, come ad esempio quello realizzato per il libro di Claudia Durastanti Un Giorno Verrò a Lanciare Sassi alla tua Finestra, non lontano dalle atmosfere di questo volume, sarebbe stato più indicato. Oppure bastava riprendere una qualsiasi delle cover americane o inglesi.
La Fortezza della Solitudine, Jonathan Lethem, Il Saggiatore Tascabili, 2010